2 Giu 2017 – 1 Ott 2017

Ytalia: energia, pensiero, bellezza

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2Giugno 2017

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1Ottobre 2017

100 opere di arte contemporanea al Forte di Belvedere e in tutta la città. Al Museo Novecento, nella sala delle mostre temporanee, esposte opere di Mario Merz, Alighiero Boetti e Gino De Dominicis.

Ytalia è una mostra che offre al pubblico nazionale e internazionale l’opportunità di confrontarsi con alcuni dei maggiori artisti italiani del nostro tempo: il progetto espositivo – promosso dal Comune di Firenze e organizzato da Mus.e – nasce in collaborazione con i Musei Civici Fiorentini e le Gallerie degli Uffizi, l’Opera di Santa Croce e il Museo Marino Marini.

Oltre cento opere, esposte al Forte di Belvedere e in alcuni dei luoghi simbolo del nostro patrimonio: un vero e proprio museo del contemporaneo diffuso nel cuore della città tra interno ed esterno, tra medioevo e rinascimento, tra musei e giardini, cappelle funerarie e spazi della vita politica, gallerie e studioli, chiostri e cripte.

È in questo ambito che alcune delle opere della mostra saranno esposte al Museo Novecento, sede “naturale” per questo tipo di esposizione.

Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994)

Eclettico e cosmopolita, Alighiero Boetti – o Alighiero e Boetti come si firma a partire dal ‘73 – fa il suo esordio nella scena artistica torinese a metà degli anni ‘60, nell’ambito delle sperimentazioni della nuova avanguardia concettuale e dell’Arte Povera.
Nel ’71, seguendo un innato interesse per il nomadismo intellettuale e le culture lontane, visita l’Afghanistan ed elegge Kabul sua seconda patria. Lì inizia la lavorazione della serie delle Mappe: planisferi ricamati dalle donne afghane, in cui ogni nazione è rappresentata dai colori della relativa bandiera.
All’interno delle Mappe, così come in altri cicli che accompagnano il suo percorso artistico (le composizioni di lettere, Biro, Alternando da uno a cento e viceversa…), Boetti sviluppa l’idea di una creatività collettiva, aperta e processuale, in cui l’artista progetta le opere ma delega l’esecuzione manuale a terzi, che vengono guidati da regole da lui prefissate. L’aspetto mentale rimane prioritario all’interno del processo artistico, per cui la maggior parte dei suoi lavori uniscono alla bellezza formale una logica strutturazione, spesso basata sull’elaborazione di un vero e proprio codice o di un sistema di lettura.
Nella sua produzione – variabile per materiali, tecniche e supporti- Boetti ha cercato di superare le consuete categorizzazioni, a partire dal concetto stesso di identità. Dai lavori sul doppio, come il finto autoritratto Gemelli del ’68 (eco del “je est un autre” di Arthur Rimbaud), fino alle opere partecipate, Boetti mette in crisi l’idea di unità creativa, culturale, linguistica e politica.

Gino de Dominicis (Ancona 1947 – Roma 1998)

“Gino de Dominicis, pittore, scultore, architetto, Ancona 1947. La sua opera è caratterizzata da una dipendenza dalle varie correnti artistiche succedutesi dal dopoguerra a oggi. Espone le sue opere per la prima volta nel 1966 e successivamente in alcune mostre in Italia e all’estero. Per una sua scelta non esistono cataloghi o libri sulla sua opera. Alla fotografia non concede nessun valore di documento e di veicolo pubblicistico delle proprie opere” (dalla scheda biografica che l’artista inviò per la Biennale di Venezia del ’97). Personalità complessa e radicale, de Dominicis è tra le figure più emblematiche e misteriose dell’arte italiana contemporanea. Si afferma alla fine degli anni ’60 con una pratica che coinvolge più tecniche espressive e rifiuta di inserirsi in una corrente storico-artistica precisa. Con un’ironia perturbante che fa uso della citazione e dell’appropriazione, l’artista polemizza sottilmente con l’arte del suo tempo. La sua ricerca è radicata nella storia (come nel recupero dell’epopea sumera di Gilgamesh) e mette in gioco una riflessione su tematiche esistenziali quale l’enigma della vita e della morte. Nel tentativo ideale di arrestare l’irreversibilità del tempo, le opere vivono nell’ambivalenza tra contingenza e spiritualità e recuperano la forza dell’illusione, come quando si propongono di raggiungere obiettivi impossibili: l’immortalità, l’invisibilità o il Tentativo di far formare dei quadrati invece che dei cerchi attorno a un sasso che cade nell’acqua (opera del ‘71). A partire dagli anni ’80, de Dominicis si dedica alla pittura realizzando tele dominate da figure ermetiche: “il disegno, la pittura, la scultura, non sono forme di espressione tradizionali, ma originarie, quindi anche del futuro”.

Mario Merz (Milano ,1925 – Torino, 2003)

Merz si avvicina da autodidatta alla scena artistica alla metà degli anni ’50 esercitando la pittura, dopo aver abbandonato gli studi in medicina. Già negli anni ’60 realizza le sue prime installazioni e alla fine del decennio è tra i protagonisti indiscussi dell’Arte Povera, con una pratica che si concentra sull’utilizzo di materie naturali e sulla ricerca delle energie primarie. Introduce nelle sue opere materiali eterogenei connessi al mondo naturale (rami, foglie, frutta..), animale (coccodrilli, iguane, lucertole..), quotidiano (neon, ombrelli, tavoli…) e scientifico (come la serie numerica di Fibonacci). I suoi primi lavori – sculture realizzate con oggetti comuni che si compenetrano – sottolineano da un lato il suo costante interesse per l’accumulazione e il dinamismo, dall’altro la presenza di temi ricorrenti legati alla natura, all’universo fisico e biologico, allo spazio. Nel 1968 realizza il suo primo igloo (Igloo di Giap), introducendo uno dei tratti distintivi della sua pratica. Merz indaga il potenziale simbolico di questa forma abitativa – primordiale, comune alle culture orientali e occidentali, in equilibrio tra espansione e concentrazione -, trasformandola in una metafora del rapporto tra natura, uomo e architettura. A partire dal 1970 inizia a usare all’interno di alcune opere la serie numerica di Leonardo Pisani, detto il Fibonacci – individuata dal matematico toscano nel Medioevo, in cui ogni numero è la somma dei due precedenti (1, 1, 2, 3, 5, 8 , 13…) – all’interno della quale riconosce una relazione alchemica capace di rappresentare i processi di crescita del mondo naturale e organico.