15 Mag 2019

Guest. Maria Cristina Bandera, guida d’eccezione alla scoperta della mostra Exit Morandi

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Quando e dove

15Maggio 2019

Orario

18:00

Museo Novecento

Ingresso libero fino a esaurimento posti

Mercoledì 15 maggio la direttrice della Fondazione Roberto Longhi, curatrice insieme a Sergio Risaliti della mostra in corso al Museo Novecento, accompagnerà il pubblico lungo il percorso espositivo

Una “guida” molto speciale per entrare nell’universo di Giorgio Morandi. Mercoledì 15 maggio alle 18 sarà Maria Cristina Bandera, studiosa, direttrice della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi e tra le massime esperte dell’opera di Morandi, ad accompagnare il pubblico del Museo Novecento alla scoperta delle opere del maestro bolognese. Bandera, curatrice della mostra Exit Morandi insieme al Direttore Sergio Risaliti, terrà infatti una conferenza itinerante lungo il percorso espositivo (ingresso gratuito, posti limitati) durante la quale illustrerà la genesi dell’esposizione e le opere in mostra, molte delle quali arrivate al Museo Novecento grazie alle collaborazione con Fondazione Roberto Longhi e Villa Brandi e ai prestiti di Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, della Banca Monte dei Paschi di Siena e di significative collezioni private.

L’esposizione prende origine da quattro importanti dipinti conservati al Museo Novecento appartenuti ad Alberto Della Ragione, tra cui un acquerello con una rara figura femminile che reca la data puntuale “11 aprile 918”, piccolo capolavoro su carta, che palesa le straordinarie capacità di aggiornamento dell’artista sulle avanguardie e la sua personale sintesi figurativa, svolta in un linguaggio già essenziale e anticonvenzionale. La grandezza di Morandi fu subito evidente a Roberto Longhi, che non interromperà mai il confronto umano e intellettuale con l’artista. I due, pur frequentandosi per decenni, si daranno sempre del “lei” nei loro scambi epistolari; un’affinità tra uno storico dell’arte e un pittore iniziata sul finire del 1934, in occasione della prolusione tenuta da Longhi in veste di nuovo titolare della cattedra di Storia dell’Arte all’Università di Bologna. In “un’aula gremitissima” Longhi concluse la sua illuminata revisione dei Momenti della pittura bolognese parlando in questi termini di Morandi: “E finisco col trovar non del tutto casuale che, uno dei migliori pittori viventi d’Italia, Giorgio Morandi, ancor oggi, pur navigando tra le secche più perigliose della pittura moderna, abbia, però saputo sempre orientare il suo viaggio con una lentezza meditata, con un’affettuosa studiosità, da parer quelle di un nuovo incamminato”.

Un viaggio di cui sono stati interpreti vigorosi anche Cesare Brandi, Francesco Arcangeli e Carlo Ludovico Ragghianti, ovvero i punti cardinali della critica novecentesca relativa all’arte del maestro bolognese. Da qui le basi di un progetto espositivo speciale, che raccoglie opere appartenute o gravitate nell’orbita dei quattro illustri storici dell’arte, a sugellare, nello scorrere del tempo e nel cambiare delle stagioni, la fedeltà nei confronti della silente e ferma pittura di Morandi.
In mostra nature morte, paesaggi, fiori e una serie di incisioni, espressione artistica che vede in Morandi uno dei maggiori rappresentanti dei suoi anni e che gli valse il premio internazionale alla Biennale di San Paolo del Brasile nel 1953.

Giorgio Morandi

Bologna 1890 – 1964

Mostrando da subito talento per la pittura, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Aggiornato sulle sperimentazioni di Cézanne e Derain e sulla lezione di Corot e Chardin, grazie ad un viaggio a Firenze si confronta direttamente con i grandi maestri della pittura italiana, ammirando, tra gli altri, i capolavori di Giotto e Masaccio, che esercitano un forte influsso sulla sua ricerca successiva. Dopo la prima e fulminea mostra collettiva , risalente al 1914, si avvicina con una poetica personale alla pittura metafisica e al movimento Valori Plastici, formatosi attorno all’omonima rivista edita da Mario Broglio tra il 1918 e il 1921. La scansione e la luminosità dei paesaggi e delle nature morte degli anni Venti, memori della “sintesi prospettica di forma e colore” di Piero della Francesca, cedono il passo ad una costante ricerca che continuerà sino all’ultimo dei suoi giorni in opere che, seppur in un’apparente immobilità, rivelano il sentimento dell’ineluttabile trascorrere del tempo.

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